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IL GIOCO SIMBOLICO
Cosa si intende....

Il gioco simbolico rappresenta una delle attività
più importanti del bambino (in particolare, dal primo fino al sesto anno
di vita), attraverso cui egli ha modo di contribuire direttamente e personalmente
a strutturare il proprio sviluppo cognitivo, sociale e affettivo. Si tratta,
infatti, di una forma di gioco che influenza significativamente tutte
le dimensioni della personalità infantile, in un rapporto di causa-effetto,
di tipo quantitativo e qualitativo: quanto più e quanto meglio il bambino
avrà modo di vivere esperienze di gioco simbolico, tanto più e meglio
si qualificheranno le sue abilità cognitive, socio-affettive e relazionali.
Il gioco simbolico, che fa il suo esordio attorno ai 12/15 mesi di vita
e si sviluppa nell'arco di tutta la prima infanzia, fino a 6 anni e anche
oltre è il comportamento ludico infantile caratterizzato da finzione;
il gioco di finzione è esperienza culturale e di crescita autentica e
imprescindibile. Viene chiamato "simbolico" perché è caratterizzato da
un processo di significazione indiretta, tipico di tutte le manifestazioni
simboliche: qualcosa viene utilizzato per significare, rappresentare qualcos'altro.
In particolare, nel gioco simbolico di un elemento fisicamente presente
viene utilizzato per rappresentare un elemento assente ma evocato mentalmente:
oggetti, azioni, identità, situazioni presenti vengono utilizzati per
rappresentare, come se fossero oggetti, azioni, identità, situazioni diversi
e solo immaginati (ad esempio, una matita come se fosse un bicchiere,
una scatola di cartone che diventa una tana). L'incontro con gli oggetti
materiali da parte del bambino avviene, per ritrovare qualcosa della realtà
esterna.  Il piacere del gioco, fino a 12/18 mesi, è prevalentemente legato
alle esperienze sensoriali e motorie che il bambino stesso può provocare.
Si parla infatti di "gioco sensomotorio". Il muovere, il far cadere, il
toccare, il conoscere con bocca e organi di senso, il far rumore, lo spostare
prendono molto interesse, e strutturano un rapporto di conoscenza. In
seguito, al centro degli interessi del bambino si pone l'imitazione, la
capacità cioè di riprodurre situazioni in altri contesti e accanto ad
essa il gioco simbolico propriamente detto, in cui qualcosa viene usato
per rappresentare qualcos'altro. Si assiste — almeno fino alla soglia
della scuola dell'obbligo — ad una variabilità continua di temi, di percorsi
narrativi, di significati attribuiti agli oggetti impiegati, mentre la
qualità emotiva è caratterizzata dal totale assorbimento nel gioco. Il
bambino lo vive come un serio impegno. L'insieme di queste considerazioni
rende evidente il ruolo positivo del gioco simbolico in tutte le dimensioni
dello sviluppo infantile. Questo chiama in causa la scuola dell'infanzia
e gli adulti educatori che vi operano, impegnati a organizzare il contesto
educativo e a predisporre tutte quelle occasioni formative didatticamente
idonee a promuovere il gioco simbolico.  Nella scuola dell'infanzia è
importante che l'insegnante predisponga nell'angolo della casetta o dei
travestimenti, del materiale ricco di opportunità diversificate di esercizio,
per consentire al bambino giochi di finzione, di identificazione e di
immaginazione.  E' necessario predisporre indumenti vari, stoffe, mantelli,
cappelli, borse, foulard, burattini, bambole e pupazzi, oggetti per l'angolo
della casetta (piatti, bicchieri, pentole posate, ecc.), passeggini o
carrozzine per le bambole ecc.. L'insegnante deve, naturalmente, assecondare
pienamente le proposte di gioco dei bambini riprendendole verbalmente
o eseguendole per comunicare attenzione, senso d'importanza e disponibilità
totale nei confronti di un'attività cui loro stessi attribuiscono centralità
e importanza, ponendo domande di chiarimento sulle proposte di gioco dei
bambini, per sollecitare la pianificazione, l'esplicitazione, lo sviluppo
e l'articolazione coerente delle loro intenzioni ludiche.

RIFERIMENTI TEORICI

Vygotskij sottolinea l'importanza del gioco, soprattutto in età prescolastica, in quanto offrirebbe al bambino la maggior opportunità di compiere esperienze ricche e varie. Secondo questo autore attraverso la finzione ludica il fanciullo allarga il proprio campo di azione e di conoscenza, esprimendo principalmente il proprio bisogno di conoscere e di adattarsi al mondo. L'attività creativa, l'inventività, deriverebbero dall'esigenza di intervenire in modo costruttivo e attivo sulla realtà per il gusto di vivere situazioni reali e allargare le proprie esperienze. Secondo Vygotskij il gioco è un'attività basilare per lo sviluppo intellettivo e, nella prima infanzia, la più importante. A suo avviso, infatti, è il mezzo più efficiente per sviluppare il pensiero astratto: il bambino a questa età si crea delle situazioni immaginarie per superare i limiti delle sue possibilità di azione concreta e reale. Per comprendere come il gioco faciliti il processo d'astrazione, Vygotskij parte dalla percezione dei bambini. All'inizio la percezione dell'oggetto è totalmente associata all'azione che il bambino può compiere su di esso, per es., la porta al fatto di potersi aprire e chiudere, il cavallo al fatto di cavalcare; con il gioco di immaginazione il bambino per la prima volta separa un oggetto dalle sue azioni o dalle sue proprietà. Tuttavia all'inizio non arriva a un vero e proprio processo simbolico in quanto il bambino ha bisogno di un oggetto concreto che in qualche modo renda possibile l'azione ed evochi realisticamente l'oggetto che vuole rappresentare. Per questa ragione l'oggetto usato nel gioco ha sempre, sia pur in maniera limitata, qualche proprietà che l'oggetto intende evocare. Bruner considera il gioco intanto "un modo per minimizzare le conseguenze delle azioni e quindi apprendere in una situazione meno rischiosa"; inoltre gli appare come "una buona occasione per tentare nuove combinazioni comportamentali che non potrebbero essere tentate sotto pressione funzionale". In questi giochi di finzione, del "fare finta che...", il bambino segue inizialmente un impulso puramente imitativo, che lo aiuta a varcare i limiti dell'infanzia, per proiettarsi nel mondo degli adulti, e impersonarne i ruoli.

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