di Gianfranco Zavalloni (dirigente scolastico, autore del sito www.scuolacreativa.it
Il diritto all'ozio |
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Il diritto all'uso delle mani |
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Il diritto agli odori |
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Il diritto al dialogo |
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Il diritto a sporcarsi |
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Il diritto ad un buon inizio |
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Il diritto alla strada |
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Il diritto al selvaggio |
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Il diritto al silenzio |
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Il diritto alle sfumature |
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la cosa più importante nella vita è vedere con gli occhi di un bambino" Einstein |
Il manifesto dei diritti naturali dei bimbi e delle bimbe, pur essendo rivolto
al mondo dei "piccoli", interroga soprattutto noi "grandi". Siamo noi adulti
ad essere - infatti - interpellati da queste riflessioni. Siamo noi che
dobbiamo prendere coscienza di ciò che rischiamo di non offrire all'infanzia,
e quindi, indirettamente, di derubare ai bambini e alle bambini. Uso l'espressione
"derubare" proprio perché ritengo che il rischio del furto ci sia. È il
furto di opportunità, di esperienze, di competenze di occasioni che "o si
vivono nei primi anni di vita" oppure rischiamo di "perderle per sempre".
Quando, in questi ultimi tempi, mi sono ritrovato a riflettere e a discutere
sul problema dei diritti dei bambini e delle bambine (sono trascorsi quarant'anni
dalla Dichiarazione internazionale dei diritti del fanciullo e appena dieci
dalla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia) ho cercato -
prima di tutto - di mettermi nei loro panni: quelli dei bambini e delle
bambine. Credo infatti che sia indispensabile cercare di fare una operazione
di memoria, ripensare, cioè al tempo della nostra infanzia. Si tratta in
altre parole di ripensarci piccoli, ripensare a quando "…noi eravamo bambini
e bambine". Per poter riuscire in questo, è bene farsi poche ma precise
domande: cosa amavamo fare? con chi giocavamo? dove ci piaceva giocare?
quali erano i nostri giochi e giocattoli preferiti? quali erano i nostri
diritti? chi ce li garantiva? avevamo coscienza dei nostri diritti o era
un fatto del tutto naturale? A partire dalle risposte che personalmente
mi sono dato, confortato dal lavoro diretto con i bambini per più di 20
anni e aiutato dalla opinione di centinaia di mamme, babbi, insegnanti,
educatori ed animatori, ho cercato di semplificare le esigenze fondamentali
dei bambini e delle bambine definendoli "diritti naturali". Per noi erano
- forse -del tutto scontati. Oggi - però - non lo sono per i bambini e le
bambine che vivono nelle nostre regioni, nelle città e nei paesi del Nord
del mondo. Se oggi dovessimo riscrivere la Carta internazionale dei diritti
dell'infanzia, sicuramente io aggiungerei anche questi diritti fra quelli
che ormai sono considerati i diritti fondamentali. Ritengo infatti che questi
siano dei veri e propri "diritti naturali" dei bambini e delle bambine.
1. Il diritto al tempo
Siamo nell'epoca in cui tutto è programmato, curriculato, informatizzato.
Ai bambini e alle bambine offriamo praticamente una settimana programmata
nei minimi dettagli. Spesso le loro iter scolastici, le loro carriere, sono
praticamente predefiniti da noi adulti. Non c'è spazio per l'ozio, l'imprevisto,
l'auto-organizzazione infantile. Anche gli stessi spazi di gioco sono preorganizzati.
Non c'è, da parte dei bambini e delle bambine, la possibilità di momenti
autogestiti. È ingiusto pensare al tempo dei bambini e delle bambine esclusivamente
come un tempo di preparazione a "quando saranno adulti, con un loro lavoro"?
È importante la meta, ma è altrettanto importante il "cammino" che si fa
per giungere a quel traguardo. L'infanzia va vissuta in quanto tale e non
solo come periodo di preparazione all'età matura. Si tratta perciò di imparare
a "camminare" sapendo che educazione è anche "fare strada insieme", attenti
a ciò che ci viene incontro in maniera imprevista. E forse, come afferma
il Piccolo Principe, capiremo che "l'essenziale è invisibile agli occhi".
E' indispensabile, per noi grandi, prendere coscienza che il tempo del gioco,
il tempo dell'ozio, il tempo del "non far niente insieme agli amici" è importante.
E tutto questo anche senza la presenza di noi adulti. I bambini e le bambine
hanno bisogno di scoprire da soli quelle che sono le regole dello stare
insieme, del giocare nello stesso luogo. Solo così matureranno e faranno
proprie le "regole fondamentali di convivenza". Saranno regole, a quel punto,
acquisite naturalmente nella coscienza personale e non imposte dagli altri,
dall'adulto, dall'alto.
2. Il diritto a sporcarsi
L'epoca attuale è quella del look, delle cartelle firmate, delle riviste
di moda e dei negozi di abbigliamento per l'infanzia, dei bambini col cellulare.
Ma il nostro è anche il tempo del "non ti sporcare", "stai attento", "ma
cosa mi hai combinato?!". Credo che i bimbi e le bimbe abbiano il sacrosanto
diritto di giocare con i materiali naturali: la sabbia, la terra, l'erba,
le foglie, i sassi, i rametti, la neve, l'acqua,... Quanta gioia c'è, nei
bambini e nelle bambine, quando pastrocchiano in una pozzanghera o in un
cumulo di sabbia o di neve. Però queste, a detta degli esperti, rischiano
di essere attività poco igieniche. Nulla si dice sulla poca igienicità di
una moquette, delle paste sintetiche ampiamente reclamizzate con cui giocano
e manipolano i bambini e le bambine soprattutto nelle scuole. Proviamo ad
osservare attentamente bimbi e bimbe in alcuni momenti di pausa dai giochi
organizzati oppure quando siamo in un boschetto o su un prato. Sarà interessante
scoprire che un bimbo o una bimba sono capaci di giocare per ore con le
poche cose trovate per terra, le foglie d'erba, un po' di sabbia, alcuni
bastoncini o ciottoli. Sono sufficienti uno spazio all'aria aperta, qualche
semplice oggetto che l'ambiente naturale ci regala, un po' d'acqua e...
un clima sereno. In questa semplicità emerge un grande messaggio educativo
per i mondo di noi adulti: i bimbi e le bimbe ci insegnano che non hanno
bisogno di giochi e giocattoli complicati ed elaborati, ma che si accontentano
delle piccole e semplici cose che la natura di offre, in un clima sereno
e accogliente.
3. Il diritto agli odori
Oggi il rischio è quello di mettere tutto "sotto vuoto". Nel percorrere
le nostre città e i nostri paesi è difficile poter distinguere luoghi tipici,
percettibili olfattivamente fino a pochi anni fa. Pensiamo alla bottega
del fornaio, all'officina del meccanico delle biciclette, al calzolaio,
al falegname, alla farmacia. Questi luoghi emanavano odori speciali, di
cui si impregnavano i muri, le porte, le finestre. Oggi entrare in una scuola
(chi non ricorda l'odore del primo giorno di scuola), in un ospedale, in
un supermercato o in una chiesa spesso significa respirare ed annusare lo
stesso odore di detergente. Non ci sono più differenze. Abbiamo annullato
le diversità di naso, o meglio le diversità olfattive. Eppure chi di noi
non ama sentire il profumo di terra dopo un acquazzone e non prova un certo
senso di benessere entrando in un bosco ed annusando il tipico odore di
humus misto ad erbe selvatiche? Sono sensazioni che dal naso passano direttamente
al cervello e spesso ci fanno fare salti di memoria, tornare alla nostra
infanzia. Imparare fin da piccoli il gusto degli odori, percepire i profumi
offerti dalla natura, sono esperienze che ci accompagneranno lungo la nostra
esistenza. Non possiamo derubare il mondo dell'infanzia di questa grande
opportunità: il diritto al proprio naso.
4. Il diritto a prendere la parola
Dobbiamo constatare sempre di più la triste realtà di un sistema di comunicazione
e di informazione "unidirezionale". Da una parte la TV, i giornali, i mass-media,
dall'altra gli ascoltatori, i telespettatori che subiscono passivamente.
Siamo al monologo. Un tempo si poteva entrare tranquillamente nelle case
e si poteva chiacchierare al caldo del camino o della stufa. Oggi al centro
non c'è più il fuoco, ma la televisone e, possibilmente, sempre in funzione.
Si mangia, si gioca, si lavora, si accolgono gli amici "a televisione accesa".
Un calcolo matematico (approssimato e per difetto) ci dice che se un bambino
o una bambina seguono la TV per 2 ore al giorno, moltiplicato per circa
360 giorni all'anno, abbiamo un totale di 720 ore. Se dividiamo per le 24,
cioè le ore di un giorno, otteniamo 30. Trenta giorni, cioè un mese ininterrotto
(24 ore al dì) di televisione all'anno. E questo non è certo dialogo. Con
la televisione non si "prende la parola". Cosa diversa è il raccontare fiabe,
narrare leggende, vicende e storie, fare uno spettacolo di burattini. In
questi casi anche lo spettatore-ascoltatore può prendere la parola, interloquire,
dialogare.
5. Il diritto a saper usare le mani
La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato. L'industria
sforna ogni giorno miliardi di oggetti "usa e getta", che non possono essere
riparati. Nel mondo infantile i giocattoli industriali sono talmente perfetti
e finiti che non necessitano dell'apporto creativo della manualità del bambino
o della bambina. Oggi, poi, anziché i calcio-balilla, nelle sale giochi
o nei circoli ricreativi, ci si abitua al video-gioco. E nel contempo mancano
le occasioni per sviluppare le abilità manuali ed in particolare la manualità
fine. Non è facile trovare bambini e bambine che sappiano piantare chiodi,
segare, raspare, scartavetrare, incollare... anche perché è difficile incontrare
adulti che vanno in ferramenta a comprare i regali ai propri figli. Quello
dell'uso delle mani è uno dei diritti più disattesi nella nostra società
post-industriale e rischiamo di avere bambini e bambine capaci di stare
ore davanti ad un computer, ma incapaci di usare un martello o un paio di
pinze.
6. Il diritto ad un buon inizio
Qui mi riferisco alla problematica dell'inquinamento. L'acqua non è più
pura come cantava San Francesco, l'aria è intrisa di pulviscoli di ogni
genere. Non meravigliamoci, perciò, della esplosione delle allergie, che
colpiscono oggigiorno una buona percentuale di popolazione. La terra è fecondata
dalla chimica di sintesi. Si dice sia il frutto non desiderato dello sviluppo
e del progresso. Eppure in quel "tornare indietro" che molti di noi hanno
vissuto fra il 1973 e il 1974, con la famosa "austerity", abbiamo ritrovato
il gusto della città, lo stare insieme in maniera conviviale, divertente,
spensierata, senza l'assillo dell'automobile e del tempo. È questo che spesso
i bimbi e le bimbe ci chiedono. Da qui l'importanza dell'attenzione a quello
che "fin da piccoli si mangia", "si beve" e si respira.
7. Il diritto alla strada
La strada è per eccellenza il luogo per mettere in contatto. La strada e
la piazza dovrebbero permettere l'incontro. Oggi sempre più le piazze sono
dei parcheggi e le strade sono invivibili per chi non ha un mezzo motorizzato.
Piazze e strade sono divenute paradossalmente luoghi di allontanamento.
É praticamente impossibile vedere bambini giocare in piazza, spostarsi in
bicicletta. Gli anziani sono continuamente in pericolo in questi luoghi.
Dobbiamo renderci conto che, come ogni luogo della comunità, la strada e
la piazza sono di tutti, così come ancora è in qualche nostro piccolo paesino
di montagna o in molte città del Sud del mondo.
8. Il diritto al selvaggio
Anche nel cosiddetto tempo libero tutto è preorganizzato. Siamo nell'epoca
dei "divertimentifici". Gli esempi più eclatanti sono Eurodisney, Gardaland,
Mirabilandia... parchi gioco programmati nei dettagli. E così è nel piccolo,
nei parchi pubblici e nel verde delle città, compreso l'arredo urbano. Certo,
nulla da eccepire riguardo l'aspetto estetico. Ma dov'è la possibilità di
costruire un luogo di rifugio-gioco, una capanna di legno, dove sono i canneti
e i boschetti in cui nascondersi, dove sono gli alberi su cui arrampicarsi?
Il mondo è fatto di luoghi modificati dall'uomo, ma è importante che questi
si compenetrino con luoghi selvaggi, lasciati allo stato naturale. Anche
per l'infanzia.
9. Il diritto ad ascoltare il silenzio
I nostri occhi possono socchiudersi e così riposare, ma le orecchie sono
sempre aperte. Così sono sottoposte continuamente alle sollecitazioni esterne.
Mi sembra ci sia l'abitudine al rumore, alla situazione rumorosa, a tal
punto da temere il silenzio. Sempre più spesso è facile partecipare a feste
di compleanno di bimbi e bimbe accompagnate da musiche assordanti. E così
accade anche a scuola. L'immagine emblematica di tutto ciò è data da coloro
che si spostano alle periferie delle città e a piedi o in bicicletta si
portano nella natura, per una bella passeggiata, con le cuffie del registratore
portatile ben inserite nelle orecchie. Perdiamo occasioni uniche: il soffio
del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua. Questo significa
diritto al silenzio, ad educarci all'ascolto silenzioso.
10. Il diritto a percepire le sfumature
La città ci abitua alla luce, anche quando in natura luce non c'è. Nelle
nostre case l'elettricità ha permesso e permette di vivere di notte come
fosse giorno. E così spesso non si percepisce il passaggio dall'una all'altra
situazione. Quel che più è grave è che poche persone, pochi bambini o bambine,
riescono a vedere il sorgere del sole, cioè l'aurora e l'alba oppure il
crepuscolo o il tramonto. Non si percepiscono più le sfumature. Il pericolo
che qualcuno paventa è che vedendo solo nero o bianco si rischi davvero
l'integralismo. In una società in cui le diversità aumentano anziché diminuire,
quest'atteggiamento può risultare realmente pericoloso. È una riflessione
che ci interpella tutti.
di Gianfranco Zavalloni (dirigente
scolastico, nonchè insegnante di scuola dell'infanzia, autore del
sito www.scuolacreativa.it
)