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Legge 8 marzo 2000, n. 53

Capo IV


ULTERIORI DISPOSIZIONI A SOSTEGNO DELLA MATERNITÀ E DELLA PATERNITÀ
Art. 10.
(Sostituzione di lavoratori in astensione).
1. L'assunzione di lavoratori a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro ai sensi della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificata dalla presente legge, può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio dell'astensione, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva.
2. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del datore di lavoro che assume lavoratori con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione ai sensi degli articoli 4, 5 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificati dalla presente legge, è concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento. Le disposizioni del presente comma trovano applicazione fino al compimento di un anno di età del figlio della lavoratrice o del lavoratore in astensione e per un anno dall'accoglienza del minore adottato o in affidamento.
3. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, è possibile procedere, in caso di maternità delle suddette lavoratrici, e comunque entro il primo anno di età del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, all'assunzione di un lavoratore a tempo determinato, per un periodo massimo di dodici mesi, con le medesime agevolazioni di cui al comma 2.
Art. 11.
(Parti prematuri).
1. All'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto.
La lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato attestante la data del parto".
Art. 12.
(Flessibilità dell'astensione obbligatoria).
1. Dopo l'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è inserito il seguente:
"Art. 4-bis. – 1. Ferma restando la durata complessiva dell'astensione dal lavoro, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro".2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce, con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni dell'articolo 4-bis della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, introdotto dal comma 1 del presente articolo.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, provvede, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad aggiornare l'elenco dei lavori pericolosi, faticosi ed insalubri di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026.
Art. 13.
(Astensione dal lavoro del padre lavoratore).
1. Dopo l'articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, sono inseriti i seguenti:
"Art. 6-bis. – 1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi tre mesi dalla nascita del figlio, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
2. Il padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al comma 1 presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
3. Si applicano al padre lavoratore le disposizioni di cui agli articoli 6 e 15, commi 1 e 5, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni.
4. Al padre lavoratore si applicano altresí le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, per il periodo di astensione dal lavoro di cui al comma 1 del presente articolo e fino al compimento di un anno di età del bambino.Art. 6-ter. – 1. I periodi di riposo di cui all'articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente".Art. 14.
(Estensione di norme a specifiche categorie di lavoratrici madri).
1. I benefici previsti dal primo periodo del comma 1 dell'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, sono estesi, dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche alle lavoratrici madri appartenenti ai corpi di polizia municipale.
Art. 15.
(Testo unico).
1. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad emanare un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia, nel rispetto dei seguenti princípi e criteri direttivi:
a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;
b) esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni;
c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e semplificare il linguaggio normativo;
d) esplicita indicazione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore;
e) esplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non richiamate, con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unico;
f) esplicita abrogazione delle norme secondarie incompatibili con le disposizioni legislative raccolte nel testo unico.
2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è deliberato dal Consiglio dei ministri ed è trasmesso, con apposita relazione cui è allegato il parere del Consiglio di Stato, alle competenti Commissioni parlamentari permanenti, che esprimono il parere entro quarantacinque giorni dall'assegnazione.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1 possono essere emanate, nel rispetto dei princípi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con le modalità di cui al comma 2, disposizioni correttive del testo unico.
Art. 16.
(Statistiche ufficiali sui tempi di vita).
1. L'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) assicura un flusso informativo quinquennale sull'organizzazione dei tempi di vita della popolazione attraverso la rilevazione sull'uso del tempo, disaggregando le informazioni per sesso e per età.
Art. 17.
(Disposizioni diverse).
1. Nei casi di astensione dal lavoro disciplinati dalla presente legge, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa unità produttiva ove erano occupati al momento della richiesta di astensione o di congedo o in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresí diritto di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
2. All'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo 4 della presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all'inizio del periodo di gestazione o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresí diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti".
3. I contratti collettivi di lavoro possono prevedere condizioni di maggior favore rispetto a quelle previste dalla presente legge.
4. Sono abrogate le disposizioni legislative incompatibili con la presente legge ed in particolare l'articolo 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
Art. 18.
(Disposizioni in materia di recesso).
1. Il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo di cui agli articoli 3, 4, 5, 6 e 13 della presente legge è nullo.
2. La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento deve essere convalidata dal Servizio ispezione della direzione provinciale del lavoro.
Capo V
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
Art. 19.
(Permessi per l'assistenza a portatori di handicap).
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, dopo le parole: "permesso mensile" sono inserite le seguenti: "coperti da contribuzione figurativa";
b) al comma 5, le parole: ", con lui convivente," sono soppresse;
c) al comma 6, dopo le parole: "può usufruire" è inserita la seguente: "alternativamente".
Art. 20.
(Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap).
1. Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente.
Capo VI
NORME FINANZIARIE
Art. 21.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni degli articoli da 3 a 20, esclusi gli articoli 6 e 9, della presente legge, valutato in lire 298 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, si provvede, quanto a lire 273 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, concernente il Fondo per l'occupazione; quanto a lire 25 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1 della legge 28 agosto 1997, n. 285.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Capo VII
TEMPI DELLE CITTÀ
Art. 22.
(Compiti delle regioni).
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni definiscono, con proprie leggi, ai sensi dell'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, qualora non vi abbiano già provveduto, norme per il coordinamento da parte dei comuni degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, nonché per la promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà sociale, secondo i principi del presente capo.
2. Le regioni prevedono incentivi finanziari per i comuni, anche attraverso l'utilizzo delle risorse del Fondo di cui all'articolo 28, ai fini della predisposizione e dell'attuazione dei piani territoriali degli orari di cui all'articolo 24 e della costituzione delle banche dei tempi di cui all'articolo 27.
3. Le regioni possono istituire comitati tecnici, composti da esperti in materia di progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione sociale e di gestione organizzativa, con compiti consultivi in ordine al coordinamento degli orari delle città e per la valutazione degli effetti sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari.
4. Nell'ambito delle proprie competenze in materia di formazione professionale, le regioni promuovono corsi di qualificazione e riqualificazione del personale impiegato nella progettazione dei piani territoriali degli orari e nei progetti di riorganizzazione dei servizi.
5. Le leggi regionali di cui al comma 1 indicano:
a) criteri generali di amministrazione e coordinamento degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici della pubblica amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e turistici, delle attività culturali e dello spettacolo, dei trasporti;
b) i criteri per l'adozione dei piani territoriali degli orari;
c) criteri e modalità per la concessione ai comuni di finanziamenti per l'adozione dei piani territoriali degli orari e per la costituzione di banche dei tempi, con priorità per le iniziative congiunte dei comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti.
6. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono secondo le rispettive competenze.
Art. 23.
(Compiti dei comuni).
1. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attuano, singolarmente o in forma associata, le disposizioni dell'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, secondo le modalità stabilite dal presente capo, nei tempi indicati dalle leggi regionali di cui all'articolo 22, comma 1, e comunque non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. In caso di inadempimento dell'obbligo di cui al comma 1, il presidente della giunta regionale nomina un commissario ad acta.
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono attuare le disposizioni del presente capo in forma associata.
Art. 24.
(Piano territoriale degli orari).
1. Il piano territoriale degli orari, di seguito denominato "piano", realizza le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ed è strumento unitario per finalità ed indirizzi, articolato in progetti, anche sperimentali, relativi al funzionamento dei diversi sistemi orari dei servizi urbani e alla loro graduale armonizzazione e coordinamento.
2. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti sono tenuti ad individuare un responsabile cui è assegnata la competenza in materia di tempi ed orari e che partecipa alla conferenza dei dirigenti, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni.
3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono istituire l'ufficio di cui al comma 2 in forma associata.
4. Il sindaco elabora le linee guida del piano. A tale fine attua forme di consultazione con le amministrazioni pubbliche, le parti sociali, nonché le associazioni previste dall'articolo 6 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, e le associazioni delle famiglie.
5. Nell'elaborazione del piano si tiene conto degli effetti sul traffico, sull'inquinamento e sulla qualità della vita cittadina degli orari di lavoro pubblici e privati, degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, delle attività commerciali, ferme restando le disposizioni degli articoli da 11 a 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nonché delle istituzioni formative, culturali e del tempo libero.
6. Il piano è approvato dal consiglio comunale su proposta del sindaco ed è vincolante per l'amministrazione comunale, che deve adeguare l'azione dei singoli assessorati alle scelte in esso contenute. Il piano è attuato con ordinanze del sindaco.
Art. 25.
(Tavolo di concertazione).
1. Per l'attuazione e la verifica dei progetti contenuti nel piano di cui all'articolo 24, il sindaco istituisce un tavolo di concertazione, cui partecipano:
a) il sindaco stesso o, per suo incarico, il responsabile di cui all'articolo 24, comma 2;
b) il prefetto o un suo rappresentante;
c) il presidente della provincia o un suo rappresentante;
d) i presidenti delle comunità montane o loro rappresentanti;
e) un dirigente per ciascuna delle pubbliche amministrazioni non statali coinvolte nel piano;
f) rappresentanti sindacali degli imprenditori della grande, media e piccola impresa, del commercio, dei servizi, dell'artigianato e dell'agricoltura;
g) rappresentanti sindacali dei lavoratori;
h) il provveditore agli studi ed i rappresentanti delle università presenti nel territorio;
i) i presidenti delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani, nonché i rappresentanti delle aziende ferroviarie.
2. Per l'attuazione del piano di cui all'articolo 24, il sindaco promuove accordi con i soggetti pubblici e privati di cui al comma 1.
3. In caso di emergenze o di straordinarie necessità dell'utenza o di gravi problemi connessi al traffico e all'inquinamento, il sindaco può emettere ordinanze che prevedano modificazioni degli orari.
4. Le amministrazioni pubbliche, anche territoriali, sono tenute ad adeguare gli orari di funzionamento degli uffici alle ordinanze di cui al comma 3.
5. I comuni capoluogo di provincia sono tenuti a concertare con i comuni limitrofi, attraverso la conferenza dei sindaci, la riorganizzazione territoriale degli orari. Alla conferenza partecipa un rappresentante del presidente della provincia.
Art. 26.
(Orari della pubblica amministrazione).
1. Le articolazioni e le scansioni degli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione devono tenere conto delle esigenze dei cittadini che risiedono, lavorano ed utilizzano il territorio di riferimento.
2. Il piano di cui all'articolo 24, ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, può prevedere modalità ed articolazioni differenziate degli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione.
3. Le pubbliche amministrazioni, attraverso l'informatizzazione dei relativi servizi, possono garantire prestazioni di informazione anche durante gli orari di chiusura dei servizi medesimi e, attraverso la semplificazione delle procedure, possono consentire agli utenti tempi di attesa più brevi e percorsi più semplici per l'accesso ai servizi.
Art. 27.
(Banche dei tempi).
1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l'utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l'estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate "banche dei tempi".
2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresí aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.
Art. 28.
(Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città).
1. Nell'elaborare le linee guida del piano di cui all'articolo 24, il sindaco prevede misure per l'armonizzazione degli orari che contribuiscano, in linea con le politiche e le misure nazionali, alla riduzione delle emissioni di gas inquinanti nel settore dei trasporti. Dopo l'approvazione da parte del consiglio comunale, i piani sono comunicati alle regioni, che li trasmettono al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) indicandone, ai soli fini del presente articolo, l'ordine di priorità.
2. Per le finalità del presente articolo è istituito un Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città, nel limite massimo di lire 15 miliardi annue a decorrere dall'anno 2001. Alla ripartizione delle predette risorse provvede il CIPE, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
3. Le regioni iscrivono le somme loro attribuite in un apposito capitolo di bilancio, nel quale confluiscono altresí eventuali risorse proprie, da utilizzare per spese destinate ad agevolare l'attuazione dei progetti inclusi nel piano di cui all'articolo 24 e degli interventi di cui all'articolo 27.
4. I contributi di cui al comma 3 sono concessi prioritariamente per:
a) associazioni di comuni;
b) progetti presentati da comuni che abbiano attivato forme di coordinamento e cooperazione con altri enti locali per l'attuazione di specifici piani di armonizzazione degli orari dei servizi con vasti bacini di utenza;
c) interventi attuativi degli accordi di cui all'articolo 25, comma 2.
5. La Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è convocata ogni anno, entro il mese di febbraio, per l'esame dei risultati conseguiti attraverso l'impiego delle risorse del Fondo di cui al comma 2 e per la definizione delle linee di intervento futuro. Alle relative riunioni sono invitati i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, per la solidarietà sociale, per la funzione pubblica, dei trasporti e della navigazione e dell'ambiente, il presidente della società Ferrovie dello Stato spa, nonché i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e del volontariato, delle organizzazioni sindacali e di categoria.
6. Il Governo, entro il mese di luglio di ogni anno e sulla base dei lavori della Conferenza di cui al comma 5, presenta al Parlamento una relazione sui progetti di riorganizzazione dei tempi e degli orari delle città.
7. All'onere derivante dall'istituzione del Fondo di cui al comma 2 si provvede mediante utilizzazione delle risorse di cui all'articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

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