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Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne statali
II - IL BAMBINO E LA SCUOLA

Art. 1.- Finalità

La determinazione delle finalità della scuola dell'infanzia deriva dalla visione del bambino come soggetto attivo, impegnato in un processo di continua interazione con i pari, gli adulti, l'ambiente e la cultura. In questo quadro la scuola materna deve consentire ai bambini ed alle bambine che la frequentano di raggiungere avvertibili traguardi di sviluppo in ordine alla identità, alla autonomia ed alla competenza.

a) Maturazione dell'identità

In relazione a questo aspetto, la prospettiva della scuola dell'infanzia consiste nel rafforzamento dell'identità personale del bambino sotto il profilo corporeo, intellettuale e psicodinamico. Ciò comporta sia la promozione di una vita relazionale sempre più aperta, sia il progressivo affinamento delle potenzialità cognitive.

Una tale prospettiva formativa richiede e sollecita il radicamento nel bambino dei necessari atteggiamenti di sicurezza, di stima di sé, di fiducia nelle proprie capacità, motivazione alla curiosità; richiede inoltre l'apprendimento a vivere in modo equilibrato e positivo i propri stati affettivi, ad esprimere e controllare i propri sentimenti e le proprie emozioni, nonché a rendersi sensibile a quelli degli altri.

Analogamente, la scuola dell'infanzia rappresenta di per sé un luogo particolarmente adatto ad orientare il bambino e la bambina a riconoscere ed apprezzare l'identità personale in quanto connessa alle differenze fra i sessi, ed insieme a cogliere la propria identità culturale ed i valori specifici della comunità di appartenenza, non in forma esclusiva ed etnocentrica, ma in vista della comprensione di comunità e culture diverse dalla propria.

b) Conquista della autonomia

La scuola dell'infanzia contribuisce in modo consapevole ed efficace alla progressiva conquista dell'autonomia.

Tale conquista richiede che venga sviluppata nel bambino la capacità di orientarsi e di compiere scelte autonome in contesti relazionali e normativi diversi, nel necessario riconoscimento delle dipendenze esistenti ed operanti nella concretezza dell'ambiente naturale e sociale. Ciò significa che il bambino si rende disponibile all'interazione costruttiva con il diverso da sé e con il nuovo, aprendosi alla scoperta, all'interiorizzazione ed al rispetto pratico di valori universalmente condivisibili, quali la libertà, il rispetto di sé, degli altri e dell'ambiente, la solidarietà, la giustizia e l'impegno ad agire per il bene comune.

Appare importante sviluppare nel bambino la libertà di pensiero, anche come rispetto della divergenza personale, consentendogli di cogliere il senso delle sue azioni nello spazio e nel tempo e di prendere coscienza della realtà nonché della possibilità di considerarla e di modificarla sotto diversi punti di vista.

c) Sviluppo della competenza

Sotto questo riguardo la scuola dell'infanzia consolida nel bambino le abilità sensoriali, percettive, motorie, linguistiche e intellettive, impegnandolo nelle prime forme di riorganizzazione dell'esperienza e di esplorazione e ricostruzione della realtà.

Inoltre essa stimola il bambino alla produzione ed interpretazione dei messaggi, testi e situazioni mediante l'utilizzazione di una molteplicità ordinata di strumenti linguistici e di capacità rappresentative. Nel contempo, rivolge particolare attenzione allo sviluppo di capacità culturali e cognitive tali da consentire la comprensione, la rielaborazione e la comunicazione di conoscenze relative a specifici campi di esperienza.

Analogamente, la scuola dell'infanzia valorizza l'intuizione, l'immaginazione e l'intelligenza creativa per lo sviluppo del senso estetico e del pensiero scientifico.

Art. 2.- Dimensioni di sviluppo

Al suo ingresso nella scuola materna il bambino ha già una sua storia personale, che lo ha condotto a possedere un complesso patrimonio di atteggiamenti, capacità ed orientamenti. Egli appare un soggetto attivo, curioso, interessato a conoscere e capire, capace di interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per conoscere e modificare la realtà. In questo periodo si vanno verificando cambiamenti considerevoli che interessano sia lo sviluppo percettivo, motorio, comunicativo, logico e relazionale, sia le dinamiche affettive ed emotive, sia la costruzione dei rapporti e l'acquisizione delle norme sociali. Lo sviluppo cognitivo, partendo da una base percettiva, motoria e manipolativa, si articola progressivamente in direzioni sempre più simbolico-concettuali. Il bambino di tre anni corre, manipola oggetti, inventa, imita, ripete, sperimenta semplici modalità esplorative, mentre a quattro-cinque anni è molto più capace di controllo e di pianificazione del comportamento, che ora viene organizzato in vista di scopi non esclusivamente immediati. Sul piano percettivo a tre anni è presente un persistente grado di sincretismo, dimostrato dalla rigidità nell'articolare i rapporti fra il tutto e le parti; a cinque anni, invece, il bambino è in grado di procedere al confronto sistematico di stimoli complessi e di valutarne somiglianze e differenze. Per quanto riguarda la rappresentazione dello spazio, a tre anni il bambino è attento alle relazioni topologiche senza tuttavia rilevare mutamenti nell'orientamento spaziale degli oggetti, mentre a cinque anni già ne coglie la rotazione, anche se con difficoltà rispetto all'immagine speculare. Uguali progressi si notano nella elaborazione di schemi temporali e causali. L'interazione affettiva rimane il principale contesto entro il quale il bambino costruisce e sviluppa le sue relazioni sociali ed i suoi schemi conoscitivi, servendosi della mediazione interpersonale per strutturare i significati e per interpretare la realtà. La concettualizzazione si sviluppa infatti a partire da una rappresentazione globale degli eventi abituali propri del vissuto familiare e sociale, caratterizzati da uno scopo e definiti da sequenze spazio-temporali in cui oggetti e attori hanno una parte e sono causalmente connessi: il bambino identifica in tal modo i caratteri percettivi e funzionali degli oggetti, costruendo mappe e rappresentazioni categoriali con le quali ordina in maniera più adeguata ed articolata cose, eventi e qualità, sostenuto in questo dall'esperienza stessa della scuola, che gli consente di esercitarsi in compiti cognitivi nuovi e di impegno progressivamente maggiore. La ricostruzione di eventi complessi e l'ordinamento di concetti avvengono attraverso relazioni di significato che rimandano innanzi tutto al vissuto individuale e soltanto successivamente pervengono a connessioni di carattere generale. A quattro o cinque anni, infatti, ci si serve ancora soprattutto del contesto, in cui confluiscono elementi di natura affettiva e sociale, per capire discorsi, frasi e parole, anche se è già in via di acquisizione la capacità di connettere correttamente eventi complessi e sequenze di azioni tramite relazioni di natura temporale e causale. Ferma restando l'importanza del gioco in tutte le sue forme ed espressioni, il gioco di finzione, di immaginazione e di identificazione rappresenta l'ambito privilegiato in cui si sviluppa la capacità di trasformazione simbolica. Nel gioco si imitano gli altri bambini e gli adulti, si assumono ruoli diversi, si sperimentano comportamenti ed emozioni, si fa un uso flessibile ed articolato dei linguaggi, si pongono a confronto desiderio e realtà, immaginazione e dati di fatto, attese e possibilità effettive. Dai tre ai cinque anni il bambino impara a condividere socialmente il gioco, a pianificare una trama, a gestire ruoli e regole di una certa complessità, ad affrontare e risolvere eventuali conflitti, ad attribuire più di un significato simbolico ad uno stesso oggetto, a rappresentare ed integrare emozioni, ansie e paure. Questa attività si presenta quindi come un potente strumento per lo sviluppo, che rende possibile l'accettazione dei limiti posti ai bisogni ed ai desideri, l'acquisizione delle prime regole sociali e morali, l'espressione di sentimenti positivi e negativi, la regolazione delle emozioni attraverso lo scambio verbale e il rapporto con gli altri. Una evoluzione di grande portata riguarda anche la capacità di vivere ed elaborare sentimenti ed emozioni. A tre anni essi sono vissuti ed espressi in modo immediato e diretto, con una possibilità molto ridotta di elaborazione e di distanziamento. In seguito la capacità di far uso del discorso e della rappresentazione simbolica facilita la comprensione empatica degli stati emotivi altrui e la oggettivazione dei propri. I processi di socializzazione sono favoriti dal gruppo dei pari, che si presenta come totalità dinamica nella quale, attraverso le sue varie articolazioni, ogni soggetto influenza gli altri ed è a sua volta influenzato da loro, e consente di sperimentare diverse posizioni sociali (di attività o di passività, di iniziativa o di acquiescenza, di autonomia o di dipendenza) in una situazione di coesione e di vicinanza interpersonale. Nelle relazioni con i coetanei, oltre che in quelle con gli adulti, il bambino sperimenta l'esistenza di regole e norme sia specifiche che generali, giungendo anche a cogliere le ragioni della loro necessità. Le norme etiche, progressivamente interiorizzate, acquistano, in virtù dei sentimenti di empatia che le sostanziano, un senso che si estende oltre il piano cognitivo e pragmatico per collocarsi in rapporto all'intera esperienza del bambino. Ciò implica, almeno, una solida formazione affettiva e morale. Data la grande variabilità individuale esistente nei ritmi e nei tempi dello sviluppo, negli stili cognitivi, nelle sequenze evolutive e nella acquisizione di abilità particolari, i quadri di riferimento sopra indicati non vanno assunti come indicatori assoluti. Non si possono inoltre ignorare le particolari difficoltà connesse alle situazioni di handicap e di svantaggio nonché le discontinuità talvolta rilevabili nello sviluppo di alcune strutture psicologiche, che si possono manifestare con dei momentanei regressi, spesso dovuti semplicemente alla introduzione di nuove procedure relazionali e didattiche. In ogni caso, lo sviluppo non va visto come un fatto esclusivamente funzionale, ma va interpretato sempre in relazione ai contesti di socializzazione e di educazione nei quali si svolge. Nell'osservazione sistematica del bambino è quindi opportuno non assumere rigidi criteri di tipo quantitativo, ma preferire sempre la contestualizzazione dei comportamenti rispetto alle notazioni classificatorie. I livelli raggiunti da ciascuno richiedono infatti di essere osservati più che misurati e compresi più che giudicati, poiché il compito della scuola è di identificare i processi da promuovere, sostenere e rafforzare per consentire ad ogni bambino di realizzarsi al massimo grado possibile. In questa prospettiva, sono indispensabili il riconoscimento delle difficoltà cognitive, delle esigenze emotive e delle richieste affettive di ciascuno e la consapevolezza che il modo in cui ogni bambino percepisce se stesso nella sua situazione sociale ed educativa costituisce una condizione essenziale per la sua ulteriore crescita personale.

Art. 3.- Sistemi simbolico-culturali

Nell'età della scuola materna si sviluppano le basi della simbolizzazione fino alla capacità di avvalersi, sia in termini di fruizione che di produzione, di sistemi di rappresentazione riferibili a diversi tipi di codici. I sistemi simbolici raccolgono ed ordinano complessi di significati culturalmente e storicamente determinati che trasmettono informazioni diverse in funzione dei mezzi di comunicazione e di espressione loro proprie, e permettono di costruire rappresentazioni e descrizioni in grado di restituire aspetti significativi della realtà. Inoltre, consentono di mediare il rapporto con il mondo attraverso un attivo scambio di significati e di transizioni fra le diverse prospettive personali, grazie all'impiego del linguaggio nelle forme definite dalla cultura di appartenenza e alla possibilità concessa a ciascuno di poter svolgere ed esprimere il proprio individuale modo di pensare e di essere. In quanto forme di organizzazione della conoscenza adulta (linguaggi, scienze, arti), essi sono punti di forte riferimento per l'insegnante e, di conseguenza, costituiscono anche componenti fondamentali della sua preparazione: infatti, soltanto se è in grado di controllarne direttamente i contenuti e di apprezzarne il valore egli può avvicinare positivamente ad essi i bambini e disporre dei quadri di competenza necessari per intervenire adeguatamente sullo sviluppo delle loro capacità, aspirazioni e tendenze, attraverso l'organizzazione di attività didattiche specifiche. I sistemi simbolico-culturali offrono al bambino gli strumenti ed i supporti (modi di operare e di rappresentare, concetti, teorie) necessari per raggiungere sempre più elevati livelli di sviluppo mentale. Essi, inoltre, definiscono contesti di esercizio rivolti allo sviluppo di una pluralità di forme di intelligenza in cui si manifestano forti variabilità individuali. Pur ammettendo una certa relativa indipendenza fra i diversi settori considerati, si deve richiamare la connessione esistente, in ogni sistema, tra il conoscere, il capire, l'intuire, il sentire, l'agire e il fare, e tenere presenti le interrelazioni esistenti fra di loro e fra le forme di intelligenza che ad essi ineriscono.

Art. 4.- Continuità educativa

L'identità culturale del bambino, che la scuola dell'infanzia è chiamata ad assumere come dato fondamentale di riferimento della sua progettualità, si sostanzia di un complesso intreccio di influenze. Le modalità dello sviluppo personale, inoltre, presentano dinamiche evolutive che possono non corrispondere ai passaggi formali fra le diverse istituzioni educative. Ciò esige, da parte della scuola, la capacità di porsi in continuità e in complementarità con le esperienze che il bambino compie nei suoi vari ambiti di vita, mediandole culturalmente e collocandole in una prospettiva di sviluppo educativo.

Occorre, pertanto, prevedere un sistema di rapporti interattivi tra la scuola materna e le altre istituzioni ad essa contigue, che la configura come contesto educativo e di apprendimento saldamente raccordato con tutte le esperienze e conoscenze precedenti, collaterali e successive del bambino. E' quindi necessario prestare attenzione alla coerenza degli stili educativi e dar luogo, in base a precisi criteri operativi e in direzione sia orizzontale che verticale, a raccordi che consentano alla scuola di fruire, secondo un proprio progetto pedagogico, delle risorse umane, culturali e didattiche, presenti nella famiglia e nel territorio, e di quelle messe a disposizione dagli enti locali, dalle associazioni e dalla comunità. Appare, poi, pedagogicamente utile concordare modalità di organizzazione e di svolgimento delle attività didattiche e praticare scambi di informazioni e di esperienze fra i livelli immediatamente contigui di scuola, nel rispetto delle reciproche specificità.

Risultati concreti di raccordo possono venire perseguiti mediante le programmazioni educative e didattiche, il confronto e la verifica istituzionalmente preordinati fra i vari operatori professionali e fra questi e i genitori, l'organizzazione dei servizi ed il rapporto organico fra le scuole e le istituzioni del territorio. Fra le condizioni essenziali per promuovere una effettiva continuità si evidenziano l'attenzione da riservare, in stretta collaborazione con le famiglie, all'accoglienza dei bambini, all'osservazione sistematica del comportamento, alla equilibrata formazione delle sezioni, alla flessibilità dei tempi, alla predisposizione degli spazi ed alla scansione delle attività. Ugualmente opportuni possono essere i momenti di interazione con gli educatori dell'asilo nido, volti a predisporre occasioni di incontro e comuni modalità di osservazione del comportamento dei bambini. Una particolare cura richiede la continuità con la scuola elementare, finalizzata al coordinamento dei curricoli degli anni ponte, alla comunicazione di informazioni utili sui bambini e sui percorsi didattici effettuati, alla connessione fra i rispettivi impianti metodologici e didattici ed alla eventuale organizzazione di attività comuni. Uno strumento importante per realizzare queste prospettive è la programmazione coordinata di obiettivi, itinerari e strumenti di osservazione e verifica, accompagnata da momenti condivisi di formazione per gli insegnanti dei due gradi di scuola.

Art. 5.- Diversità e integrazione

La scuola materna accoglie tutti i bambini, anche quelli che presentano difficoltà di adattamento e di apprendimento, per i quali costituisce una opportunità educativa opportunamente rilevante. Ogni bambino deve potersi integrare nella esperienza educativa che esso offre, così da essere riconosciuto e riconoscersi come membro attivo della comunità scolastica, coinvolto nelle attività che vi si svolgono. La presenza nella scuola dei bambini in difficoltà è fonte di una preziosa dinamica di rapporti e di interazioni, che è, a sua volta, occasione di maturazione per tutti, dalla quale si impara a considerare ed a vivere la diversità come una dimensione esistenziale e non come una caratteristica emarginante. La scuola offre ai bambini con handicap adeguate opportunità educative, realizzandone l'effettiva integrazione secondo un articolato progetto educativo e didattico, che costituisce parte integrante della programmazione. Tale progetto richiede: una accurata diagnosi funzionale che consenta la conoscenza degli eventuali deficit e l'individuazione delle capacità potenziali; la promozione delle condizioni in grado di ridurre le situazioni di handicap attraverso l'analisi delle risorse organizzative, culturali e professionali della scuola; il riconoscimento delle condizioni di vita e delle risorse educative della famiglia; il reperimento delle opportunità esistenti nell'ambiente. La formulazione di specifici progetti educativi individualizzati deve considerare il soggetto protagonista del proprio personale processo di crescita (sul piano relazionale, sociale e cognitivo), garantire l'attuazione di verifiche periodiche e tempestive, nonché la collaborazione con i servizi specialistici mediante il raccordo fra gli interventi terapeutici e quelli scolastici, da attuarsi sulla base di apposite intese interistituzionali. Nella scuola materna sono presenti anche bambini le cui difficoltà e i cui svantaggi possono risalire a condizionamenti di natura socio-culturale. La loro integrazione deve essere favorita con ogni mezzo, in modo da rispondere ai loro specifici bisogni relazionali e cognitivi e da svilupparne e rafforzarne le capacità individuali, curando che da parte dei servizi sociali vengano effettuati, a seconda dei casi, gli indispensabili interventi. Tutti gli insegnanti della scuola, e non soltanto gli insegnanti di sostegno, concorrono collegialmente alla riuscita del progetto educativo generale e di integrazione, al quale prende significativamente parte anche il personale non insegnante ed ausiliario. Una attenzione del tutto particolare va riservata all'individuazione delle situazioni di apprendimento-insegnamento, al potenziamento dei contesti di comunicazione e all'estensione delle opportunità relazionali. La tempestività degli interventi educativi di integrazione costituisce una delle forme più efficaci di prevenzione dei disagi e degli insuccessi che ancora si verificano lungo la carriera scolastica.

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